14 novembre 2017

Il calcio ammainato

Per noi (quasi) sessantenni, la mancata qualificazione dell'Italia alla Coppa del mondo costituisce un passaggio inedito, epocale. Cresciuti negli anni del boom economico, dell'uscita dalla povertà, attirati al pallone dalla consapevolezza che italiane erano grandi squadre (squadre grandi nel mondo, non solo a casa nostra) e italiani grandi giocatori, sopportammo con stupore ma senza che la fiducia in giorni migliori venisse meno anche la brutta (clamorosamente brutta) prestazione in Inghilterra durante l'estate del 1966. E infatti, di lì a un paio d'anni diventammo campioni d'Europa e dopo due anni ancora contendevamo al magno Brasile la conquista definitiva della Coppa Rimet.

La storia più recente dice che sempre (nel '98, nel 2002, nel 2010) le delusioni, le sconfitte sono arrivate perché così è il calcio. Si vince e si perde. Si esce da un torneo per un gol sbagliato, per un arbitraggio scellerato, e in novanta minuti anche la Nuova Zelanda potrebbe mettere in difficoltà un undici non al meglio della condizione. E' nostra (non solo nostra) consuetudine, in questi casi, licenziare l'allenatore e invocare rivoluzioni a livello 'politico'. Le sconfitte sul campo trovano ragioni soprattutto fuori dal campo, e a spiegarle bastano, da un lato, l'inadeguatezza dei 'capi', dall'altro la mancanza di idee, l'assenza di progetti non destinati a un rapido accantonamento.

C'era, questa volta, la sensazione netta che gli azzurri sarebbero arrivati in Russia poco competitivi. Non c'era però il pensiero che - in Russia - gli azzurri non ci sarebbero andati. Sui media la caccia ai colpevoli, le analisi 'politiche' occupano parecchio spazio, ma il calcio è materia opinabile e dire (per esempio) che avremmo dovuto a suo tempo imitare il modello spagnolo o quello tedesco ha poco senso. Ciascun paese ha i suoi metodi, ma anche la sua tradizione calcistica. Metodi e scuola che trovano il tempo per confrontarsi ogni due anni a livello continentale e ogni quattro a livello mondiale. 

Siamo stati estromessi dalla partecipazione a questo confronto. Siamo stati bocciati. Siamo tornati poveri. Siamo senza futuro. Il calcio si allinea al paese che rappresenta e che viene raccontato. Non abbiamo alcun motivo di essere ottimisti. Nessun giocatore nato in Italia promette di diventare un campione. Soprattutto, percepiamo come di tutto questo non importi poi tanto. Molti desideravano questa umiliazione, per i motivi più diversi e generalmente poco nobili. Di fronte a questo disfattismo, non sappiamo cosa dire. Appendiamo una scarpa al chiodo. Non chiediamo rivoluzioni di sistema, scuole calcio, stadi moderni o chissà cosa. Non chiediamo nulla. Auspichiamo solo che i ragazzini ritornino ad amare questo sport. Che tornino a trascorrere i pomeriggi rincorrendo il pallone su un prato o nel cortile di casa, e non seduti ai tavolini di un bar a ordinare birre sfidando l'amico a Fifa18.

Post scriptum: la partita di ieri. Anzi le due partite. Nessun gol alla Svezia in 180 minuti. E' stata sufficiente una squadra modestissima ma con idee chiare di anticalcio per disinnescare il nostro disordine ansioso. Di solito la fortuna non aiuta quelli convinti senza ragione di meritarla. La Svezia non ha meritato la qualificazione. Ma noi la meritavamo ancora meno di loro.

Mans