29 maggio 2016

L'ultimo della lista

Fettine di Coppa: la finale di Champions

Come al solito, la sua esultanza è solitaria
E' stato di gran lunga il peggiore in campo - Torres, perlomeno, ha procurato ai suoi un calcio di rigore -, ma poi era l'ultimo nella lista e ha avuto la fortuna di calciare il penalty decisivo. Un'esecuzione perfetta (peraltro Oblak non era riuscito nemmeno a sfiorare l'ipotesi di una parata su quelli precedenti), e così lui può prendersi il centro della scena, dopo che per centoventi minuti e rotti era stato semplicemente ridicolo. Ridicolo il gol del due a zero che si mangiava cercando una giocata da far venire giù lo stadio. Ridicoli alcuni stop mancati su palloni alti (non altissimi) e lunghi (non lunghissimi), roba da giocatorini di periferia. 

Naturalmente, ogni errore veniva giustificato da chissà quali malanni: non si sa appunto quali, ma il telecronista italiano non ha fatto che sottolineare la precaria condizione di Cristiano. "Zoppica vistosamente", "non sta bene", è al "cinquanta", al "quaranta", al "trenta" per cento. "Cammina". Un corno. Quando Benzema si è lanciato in contropiede verso lo spreco, Cristiano ha prodotto una corsa di sessanta metri a cento all'ora, sperando di andare a raccogliere un assist o una respinta del portiere, una palla sporca, un rimbalzo fortunato. Uno sprint di quel tipo nessun atleta al mondo condizionato da guai muscolari se lo potrebbe permettere. O forse - ed è la vulgata preferita dai media e dagli sponsor - lui è un atleta davvero bionico.

Il penalty storico

Così, oggi, sulle prime pagine di tutti i giornali del mondo c'è lui. Lui, che era scomparso dalle partite di CL dopo il ritorno dei quarti al Bernabéu, tre gol facili facili al povero Wolfsburg. Questa, alla fine, la distribuzione delle sue abbuffate: cinque reti allo Shakhtar nel girone preliminare; sei al Malmö nel girone preliminare; nessuno al PSG nel girone preliminare. Due alla derelitta Roma negli ottavi, tre al Wolfsburg nei quarti, come già detto; nessuno al City in semifinale. Nessuno in finale. Tre soli gol decisivi in una stagione e tutti nella stessa partita, insieme al penalty di San Siro (che però resterà escluso dalle sue fenomenali statistiche).

Bilancio del Real: quattordici finali disputate nella maggiore competizione d'Europa, e undici vinte. Spesso grazie ai buoni auspici di Eupalla e ad arbitraggi tutt'altro che sfavorevoli, pur se onestamente condotti - come ieri sera: il gol di Ramos era in fuorigioco; ai Blancos è stato risparmiato almeno un rosso (Ramos), forse due (Pepe), e manca un altro enorme rigore all'Atlético. Bilancio dell'Atlético: tre finali di Coppa dei campioni, tutte e tre buttate nella spazzatura. Per demeriti propri, in parte. Come che sia: destino ingrato.

I Colchoneros si caricano per l'ultimo inutile assalto alla coppa

I super-club continuano a dominare la scena, non sembra esserci più spazio in Europa per le outsider. Al massimo raggiungono la finale - l'Atlético due volte, la Juve un anno fa, il Dortmund tre anni fa. Oltre, non vanno. L'albo d'oro sta diventando un catalogo celebrativo della smodata ricchezza: Bayern, Real, Barcellona, Real l'ultima sequenza. Prima o poi torneranno anche le inglesi, e prima o poi arriverà anche il PSG. Si dica quel che si vuole: la Coppa dei campioni aveva un fascino calcisticamente superiore. Questa coppa è soprattutto spettacolo televisivo. Tante partite inutili a introdurre un finale che è sempre più scontato, nonostante tutto. E che porta ulteriore risorse a chi ne ha già in sovrabbondanza.