12 dicembre 2014

Italia League

Fettine di coppa: sesto turno 2014/2015

Quando lo scorso anno Fabio Capello osservò che la Serie A non era un "campionato allenante" [vedi], Antonio Conte, allora coi glutei assisi sulla panca della Juventus, si adontò per lesa maestà. Al neo CT della Nazionale sono bastati due mesi di raduni per rendersi conto che don Fabio aveva ragione: a Coverciano arrivano giocatori poco e male allenati, che non reggono per 95 minuti i ritmi che si giocano quasi ovunque in Europa nel calcio d'élite. La mezz'ora iniziale del secondo tempo di Italia-Croazia a San Siro del 16 novembre scorso è stata illuminante quanto mortificante per il calcio italiano: i nostri amati brocchetti non hanno toccato palla, ma l'hanno guardata scorrere di qua e di là a totale disposizione degli slavi. Prima e dopo quella partita il buon Antonio ha alzato la voce, gridando al problema. Ha ragione: resipiscente, ma ha ragione.

10 dicembre 2014, Stadio Olimpico, Roma
Ultimi bagliori di Champions
I dati statistici più sconfortanti dell'ultimo turno europeo di coppe vengono dallo Stadium di Torino e dall'Olimpico di Roma. I giocatori della Juventus hanno corso 4 km in meno di quelli dell'Atletico Madrid; quelli della Roma addirittura 7 km in meno dei Citizens. Traduzione: pressing, raddoppi, sovrapposizioni e proposizioni nello spazio sono un'abitudine ormai strutturale delle grandi squadre europee anche quando giocano fuori casa. Si parla di corsa e non di tecnica: non di fatturati e di "top players", cioè, che sono ormai l'alibi preferito degli allenatori delle nostre squadre.

Arrigo Sacchi lo osserva da trent'anni, in un mantra vissuto dai protagonisti del calcio italiano come la predicazione di un vecchio rincoglionito, e viceversa accolto come verità oracolare dai grandi allenatori internazionali di questi anni (da Guardiola a Mourinho, da Simeone a Klopp, etc.): sono l'organizzazione di gioco, la compattezza delle squadre, l'intensità delle transizioni, la base su cui si costruisce un progetto vincente e si possono esaltare le qualità dei singoli. Suoi esempi ricorrenti sono proprio l'Atletico di Simeone e il Borussia di Klopp, per la qualità tecnica mediamente non eccelsa dei loro pedatori: non a caso, perché sono le squadre più simili, per impianto e idea di gioco, al suo Milan di fine anni ottanta (un dato che sfugge all'ignoranza diffusa tra i commentatori italioti). Purtroppo basta guardare una qualsiasi partita della Serie A degli ultimi anni per rendersi conto della realtà cui si è ridotto il calcio italiano: non corre nessuno, i ritmi sono lentissimi, il gioco è continuamente spezzettato da falli e falletti, cui contribuiscono anche gli arbitri che, invece di favorire la fluidità, fischiano per un nonnulla e litigano in continuazione con i giocatori. L'effetto finale è quello denunciato a gran voce (roca) da Antonio Nazionale, e quello confermato dai pessimi risultati internazionali del nostro calcio. Gli ultimi suoi acuti risalgono alla finale di Euro 2012 (per la scelta sensata di Cesare di favorire i pochi "piedi buoni" rimasti in circolazione), a quella di Champions 2010 (grazie alle arti luciferine di José) e a quella di Atene 2007 (dove Carletto si gustò l'ultima fetta di coppa nostrale). Tutt'intorno è solo nebbia, sempre più fitta.

Dopo l'eliminazione agostana del Napoli ai playoff di Champions ero stato facile profeta nel prevedere le difficoltà di Juventus e Roma a passare il turno [vedi]. I bianconeri ci sono riusciti per un soffio, grazie anche alla manona sinistra di Gigi; i giallorossi hanno rischiato addirittura di uscire da tutto (sono i peggiori terzi dei gironi di CL). L'ambiente juventino farebbe bene a non credere a chi sostiene che il Monaco, il Porto e il Borussia sarebbero degli avversari alla pari agli ottavi. Per una squadra che ha battuto solo il Malmoe e - a fatica e in casa - l'Olympiacos, qualsiasi avversario costituirà comunque un muro da scalare. Auguri.

Con cinque compagini ai sedicesimi di EL, l'Italia si certifica invece come la grande potenza del calcio europeo di serie B. Ammesso che ne prenda finalmente consapevolezza. In Champions siamo ormai a livello del calcio olandese e portoghese: nei prossimi anni (e per chissà quanti), quando andrà bene, porteremo una squadra agli ottavi, magari ai quarti, solo eccezionalmente in semifinale. Dovremmo invece concentrare le nostre attenzioni sull'Europa League, anche se non sarà facile vincere nemmeno lì. Dopo l'ultimo trofeo di un'italiana, nel secolo scorso (il Parma nel 1999), le successive 15 edizioni sono state dominate dalla squadre spagnole (6 volte vincitrici), inglesi, portoghesi e russe (2 vittorie a paese), e l'hanno vinta anche club olandesi, turchi e ucraini. Questo per dire che la concorrenza è agguerrita: già ai prossimi sedicesimi, con Bilbao, Mönchengladbach, Everton, Olympiacos, Zenit, Feyenoord, Liverpool, Siviglia, Tottenham, Ajax, Anderlecht, Wolfsburg, PSV e Villareal, che equivalgono i nostri club e in più di un caso sono anche più forti.

10 dicembre 2014, Camp Nou, Barcellona
Ibra festeggia il suo ennesimo gol non determinante in CL
A parole i dirigenti nostrani sembrano voler finalmente impegnare i loro club nella conquista della coppa, attratti più che altro dall'accesso diretto alla CL che il trofeo porterebbe con sé. Vedremo nei fatti, sin dai sedicesimi del 19 e 26 febbraio 2015, che si incastonano tra tre giornate di campionato di cui sono andato a vedere il programma. La Roma giocherà il 15 in casa col Parma, il 22 a Verona (Hellas) e il 1° marzo con la Juventus all'Olimpico: avremo modo di verificare obiettivi e turn over di Garcia ... Il Napoli giocherà, rispettivamente, a Palermo, col Sassuolo e a Torino; la Fiorentina a Sassuolo, col Toro e a Milano con l'Inter; l'Inter a Bergamo e a Cagliari (doppia trasferta) e poi con la Fiorentina; il Torino col Cagliari, poi a Firenze e infine all'Olimpico col Napoli. Molti intrecci dunque ... Lì si parrà la lor nobilitate.

Per il resto, in CL nessuna sorpresa: sono passati tutti i superclub. L'unico tonfo è quello del Benfica, sfortunato finalista dell'ultima EL con il Siviglia, e già fuori da tutto. Real, Bayern, Barça e Chelsea attenderanno i quarti per arrotare i ferri e concederci finalmente - a noi "mendicanti" - qualche partita appassionante. Delle 96 che abbiamo visto finora ricordiamo solo il maestoso primo tempo del Bayern all'Olimpico e qualche sprazzo di bel gioco qua e là. Cioè poco o nulla.

Azor