20 ottobre 2014

Fine della giostra


La sconfitta viola di oggi ha emesso almeno due sentenze: la prima  è che il calcio italiano è senza speranza, più o meno come il paese. La seconda è che il mini ciclo inaugurato da Montella due anni fa sia giunto mestamente al capolinea. Cerchiamo di argomentare i due assunti appena espressi.

Nella gara odierna i giocatori della Lazio, passata meritatamente in vantaggio, hanno smesso di giocare a calcio subito dopo il gol e hanno sistematicamente pensato a non far giocare l'avversario. Tutto lecito, tutto bene. Non fosse per il modo adottato per raggiungere l'obiettivo. Cavanda finge di avere i crampi, Marchetti simula palesemente un colpo alla testa mai subito e resta a terra quattro minuti, altri si rotolano sul campo senza essere stati toccati. L'arbitro Peruzzo, non un granché la sua direzione a dire il vero, ha avuto un coraggio insolito per i nostri scarsissimi direttori di gara e ha concesso ben otto minuti di recupero. Bel segnale. Vedremo se altre giacchette nere, gialle, blu e fucsia faranno lo stesso o se sarà stato, come temo, un caso isolato. Altro tema su cui rifletto sin dal 3-0 rifilato all'Inter due settimane fa e per cui credo che il calcio nostrano non abbia alcuna speranza di risollevarsi dal pantano in cui è sprofondato: la Fiorentina aveva battuto piuttosto casualmente l'Inter, ma il risultato roboante aveva cancellato tutti i dubbi sul non gioco della Viola. I bei gol di Babacar e Cuadrado avevano messo a tacere i critici, ma che si trattasse di una serata del tutto anomala lo ha dimostrato il gol messo a segno dal giocatore più scarso in rosa ovvero Tomovic. In altre parole il risultato in questo calcio ormai periferico pure a se stesso è l'unica cosa che conta ed è uno dei motivi per cui siamo condannati a vedere tornei sempre più brutti e stadi sempre più vuoti.

Dicevamo poi della fine del ciclo-Montella. Parliamoci chiaro: se Rossi rientra prima di marzo la Fiorentina ha qualche speranza di arrivare quinta o quarta, altrimenti sarà settimo posto e non di più. Il primo anno montelliano la Viola giocava bene, aveva ritmo, qualità in mezzo al campo, ma aveva soprattutto Jovetic, giocatore mai considerato per il suo reale valore. Finalizzatore perfetto in una squadra che aggirava l'avversario palleggiando magnificamente. L'anno scorso ci ha pensato Pepito Rossi a mascherare le lacune di gioco espresse per buona parte della stagione (15 reti in meno di mezzo campionato giocato), ma la Fiorentina stava lentamente perdendo identità. Cosa è successo dal gennaio scorso a oggi? Difficile dirlo, ma pare evidente che sia scemato l'entusiasmo nel gruppo. Il mercato invernale della scorsa stagione ha dato un segnale chiaro al tecnico: la Fiorentina non può, o non vuole, investire più di quanto la società stessa riesce a produrre. Un concetto che andrebbe applicato universalmente, un'idea condivisibile e forse l'unica che può salvare questo sport bellissimo, ma oggi questo significa non poter competere per vincere.

Gli acquisti di Gomez e Rossi avevano forse illuso Montella, il quale si è ritrovato con una squadra poco più che normale causa la iella nera che si è abbattuta sulla Fiorentina dell'anno scorso e proprio sul più bello. La voglia di fare calcio viene soprattutto dall'allenatore e Montella pare aver perso quel desiderio sportivo sano e propositivo. Sono illazioni naturalmente, ma l'impressione è proprio questa. La società è nelle mani di troppa gente, male comune a quasi tutti club italiani. L'allenatore deve subire scelte tecniche fatte da altri (siamo sicuri che Montella abbia chiesto Badelj, Brillante, Basanta, Marin ecc.?). Il mercato estivo è relegato in blocco a scaldare la panchina. La formazione in campo è oramai da sette giornate la stessa dell'anno scorso senza Rossi e Gomez e con Babacar e Bernardeschi che sembrano dei predestinati, ma fra il destino e il presente ce ne corre parecchio.

Della Valle, nel dopo partita, si è lasciato andare a dichiarazioni francamente incomprensibili: "qualcuno dovrebbe pensare a vincere invece che ai rinnovi contrattuali". Ma se proprio i giocatori in scadenza di contratto (Aquilani e Neto) sono risultati i migliori in campo! Temo che non sarà una stagione facile per la Viola. Tutto è ancora in discussione e le sette giornate appena giocate sono poco per pesare la reale consistenza della squadra, ma ci sono troppe cose che non tornano, troppo moscia la squadra e troppo rassegnato l'ambiente. E non sono buoni segnali.

Cibali