10 luglio 2014

L'importanza di essere Messi

Cartões Postais do Brasil

Leo sussurra nell'orecchio destro di Romero quel
che si potrà sapere solo leggendo questa cartolina
fino all'ultima riga
A Leo è andata bene e avrà certamente pagato la pizza a Mascherano. Non fosse per la tigna, la concentrazione, la scelta di tempo del barcellonista (e dunque suo Sancho Panza di millanta battaglie calcistiche), ora l'Argentina sarebbe a pezzi - altro che "siete! siete!" -, la mitologia della Pulce svenduta a due centesimi sulle bancarelle, e la coppa del mondo un affare di vicinato tra olandesi e tedeschi, l'ennesima rivincita delle rivincite che avrebbe però consentito a Blatter di bagarinare personalmente domenica pomeriggio nei dintorni del Maracanã. Leo dunque dovrà ora sdebitarsi e fare qualcosa di più del nulla che ha combinato a San Paolo.

Nulla, ma in realtà quasi nulla.

Quasi nulla? In realtà molto. A pensarci bene, molto. Quasi tutto. Anzi: tutto. E toccava dunque a Mascherano di pagargli la pizza, perché senza Leo difficilmente l'Argentina sarebbe arrivata negli ottavi e poi nei quarti e poi (soprattutto) in semifinale e quindi in finale. Anzi, soprattutto in finale.

Perché? Semplice. Senza Leo l'Olanda avrebbe giocato diversamente. La sola presenza in campo di un tale spauracchio ha convinto Luigi van Gaal a schierare i suoi bene coperti, onde nulla rischiar. Troppo tardi ha capito che il de cuius non era in giornata di vena poetica e vagava per il campo come fosse terra sconosciuta e straniera da esplorare senza mappa e senz'acqua e senza sapere come e perché il destino l'avesse scaraventato così lontano da casa. Troppo tardi Luigi van Gaal ha sussurrato ai suoi che la partita forse si poteva anche vincere, che non era obbligatorio pareggiarla e poi rischiare di perderla ai calci di rigore. Troppo tardi. Robben ha schiumato rabbia per novanta minuti e si capiva benissimo che, fosse dipeso da lui, gli Oranje avrebbero giocato in modo diverso. Non fosse dipeso dalla tigna, dalla concentrazione e dalla scelta di tempo di Mascherano, Robben avrebbe fatto esplodere la santabarbara al novantesimo, quando era finalmente riuscito a sgommare oltre le trincee biancocelesti. 

Il tackle più importante di Brasil 2014

Confortato dall'atteggiamento contratto e spaurito degli avverari, constatata la scarsa vena e anzi l'assenza spirituale del santo numero dieci, Sabella ha consigliato ai suoi di mettere anzitutto la museruola a Robben. Minimo tre o quattro sempre nei suoi pressi, e mine nell'erba sui suoi percorsi. Quintali di sonnifero sparsi qua e là. Van Persie? E' in posizione di fuorigioco dal primo minuto del match contro i Ticos e ha pure mal de panza. Innocuo, non c'è bisogno nemmeno di massaggiargli le caviglie. Poi anche Sabella ha capito che la partita si poteva forse vincere, che non era obbligatorio pareggiarla, e tanto meno rischiare tantissimo di perderla visto che poi in porta loro metteranno Tim Krul, gigantesca insuperabile sagoma mattacchiona. Ha tirato un sospiro di sollievo quando Van Gaal, per confondergli le idee, ha tolto dal tabellino Van Persie e inserito Huntelaar, scoprendo il bluff o ricorrendo a quello di riserva. Sabella ha risposto gettando allo sbaraglio Aguero e Palacio. I due non fanno nemmeno il solletico a Vlaar, ma sono grandi rigoristi. Infatti Palacio non ha bisogno di tirare il suo, visto che Vlaar, spossato dalla noia, e Sneijder, spossato tout court, sbagliano il loro.

Leo invece dal dischetto ha segnato. Era il primo della lista argentina, ovviamente. Il penalty psicologicamente più importante, proprio perché calciato dopo l'errore olandese. "Se ne pari un altro, ti pago la pizza", ha detto Leo a Sergio Romero prima di tornare verso il centro del campo a guardare con gli altri la fine del film. Un fuoriclasse si vede anche da questi dettagli.

Mans