9 luglio 2014

La fine del futebol

Cartões Postais do Brasil

“Quando a Berlino l’Italia intera ha alzato la Coppa dei Mondiali FIFA al cielo, migliaia di ragazzi hanno rincorso il loro sogno di diventare campioni e si sono iscritti a una scuola calcio. Quando la Spagna ha vinto la Coppa dei Mondiali FIFA in Sudafrica, migliaia di giovani sono passati dal festeggiare i propri campioni ad esultare per i propri gol” [vedi]. E' Coca-Cola Italia che parla, mica un sociologo, mica un pisquano qualsiasi, e sa quello che dice: le scuole anzidette sono una delle rovine del calcio da noi ma paiono bene avviate e ancora meglio sponsorizzate; in Spagna evidentemente l'euforia per il futebol si è semplicemente sommata a quella che c'era già. A ogni modo, una della innumere campagne pubblicitarie prodotte dal Grande Sponsor e destinata anche al Brasile ha evitato ogni riferimento al passato e mostra solo un gruppo di ragazzi che gioca a pallone in una favela [vedi]: ma il pallone rotola a valle, loro lo inseguono, lo inseguono, lo inseguono e arrivano dritti dritti nel deserto, forse in Qatar, dove si disputeranno (forse) i mondiali del 2022. Poiché per coprire a piedi quell'immensa distanza avranno alla fine impiegato più di un mese, si suppone che almeno loro (il ragazzo più inquadrato, fra l'altro, indossa la maglia della Seleçao e assomiglia ad Angel Di Maria - foto) non abbiano visto la semifinale di Belo Horizonte. Non ne serberanno l'indelebile, brutale ricordo. La loro vita non ne sarà segnata. Gli racconteranno la partita quando si saranno decisi a tornare nella favela, ma penseranno ad uno scherzo. Di giocare a pallone non gli passerà la voglia.

Ma a quelli che c'erano? Che erano al Mineirão o davanti alla tv, a quei milioni di bambini che prima hanno perso il loro amatissimo cartoon (O Ney) e poi il sogno di vedere comunque i propri eroi alzare la coppa? Crederanno ancora nel loro gioco preferito? Inizieranno a preferirne altri, meno 'dolorosi'? E' la fine del futebol? C'è modo e modo di perdere una partita. Per il Maracanaço, gli intellettuali brasiliani azzardarono paragoni forti: fu come una bomba atomica, fu la nostra Hiroshima (Nelson Falcão Rodrigues). Cosa si dirà questa volta? Speriamo solo non ci arrivino notizie drammatiche, e che gli effetti rimangano circoscritti esclusivamente all'ambito sportivo. A terra con le nostre vergogne qui in Italia, scopriamo di essere in buona compagnia. Anche loro devono ripartire da zero, e anche da loro i giornali già scrivono di ristrutturazione del sistema, indicando in quello tedesco il modello da imitare.

Di Brasile - Germania, prima semifinale della FIFA World Cup 2014, si parlerà per sempre. Originerà infinite discussioni calcistiche; si produrranno libri, film, documentari a gogò. E, a giudicare dagli umori percepiti ieri sera, il povero Frederico Chaves Guedes, detto Fred, sembra destinato a raccogliere l'eredità di Barbosa. "Lo vedi, figlio mio? Quello era il centravanti che, nella nostra coppa del mondo di calcio, mille anni or sono, fu capace di segnare un solo gol, inutile e in fuorigioco. Guardalo, è l'uomo che fece piangere tutto il Brasile". Forse, si spera, qualcuno ricorderà come, a quel tempo, in tutto il paese non esistesse un centravanti più bravo di Fred.

Mans