2 giugno 2014

Figure e controfigure

Sguardo perso nel vuoto. Addio al Brasile per Riccardo Montolivo
Come da tradizione, gli azzurri deludono nel match che prelude al grande torneo. A Londra, nella frescura serale di Craven Cottage, si è vista palese sofferenza contro un XI di onesti pedatori irlandesi delle leghe britanniche, probabilmente scelti proprio perché contro l'Inghilterra si esordirà (in una partita - a occhio - già decisiva) al mondiale di Brasile. Cesare ha schierato in campo svariate controfigure, per saggiarne il momento e l'affidabilità: Paletta per Barzagli (malmessi entrambi, ahinoi); Motta (impresentabile) per De Rossi; Darmian (bene) per Maggio o Abate; Verratti (discreto) per Pirlo; Sirigu (eccezionale) per Buffon. Ha testato Giuseppe Rossi e Ciro Immobile, tenendo a riposo Mario. Messo benzina nelle gambe di De Sciglio. Perso definitivamente Montolivo - tibia in pezzi. Ha fatto capire come preferirebbe giocasse la squadra. Difesa a quattro, protetta da un centre-half (forte sulle palle alte) onde consentire frequentissimi sganciamenti degli esterni. Il play-maker, due mezzali, e un attaccante libero di flottare (ieri sera Pepito); uno dei due inside (ieri sera Marchisio) votato a inserimenti - possibilmente a sorpresa - negli spazi, favorendo improvvise verticalizzazioni alternative al gioco sulle fasce. Resta il dubbio sulla prima punta. Immobile svaria e corre e va in profondità; Balotelli no. Dunque non sappiamo ancora - i dubbi sulla condizione di Rossi non sono svaniti, e gli sono costati il taglio - chi giocherà davanti, e come. Del resto, Prandelli non ha mai nascosto di lavorare molto sulla varietà dei modi di stare in campo, e sulla capacità di mutare atteggiamento nel corso della stessa partita; va da sé che fra teoria e pratica il pallone può rimbalzare via - come quando cade nel fiume e viene portato via per sempre dalla corrente; e che la duttilità prevede non solo la disponibilità di duttili pedatori: devono anche essere (anzi, soprattutto) pedatori di razza. Perciò la perdita di Montolivo è grave. Non perché si ceda un fuoriclasse alla concorrenza; semplicemente perché si deve rinunciare a un centrocampista abbastanza eclettico, di abitudine e intelligenza, di castagna dotato. L'eterna incompiutezza del milanista è divenuta la sua migliore qualità. Raramente gioca molto bene; ma quando non gioca, la sua assenza pesa. Era certamente una delle tre pedine irrinunciabili in mezzo al campo, nei disegni di Prandelli.
Dunque, come sempre è accaduto, andiamo a coronare un biennio di lavoro con scarsa cognizione delle nostre reali potenzialità. Personalmente, ritengo che 'questo' gruppo abbia già attinto il proprio meglio due anni fa, e che da allora sia andato costantemente declinando in rendimento e qualità di gioco. Come sempre da almeno dieci anni in qua, il nostro destino dipenderà dalle condizioni di Sant'Andrea da Brescia (mancò nelle prime due partite in Sudafrica, entrò nella mezzora finale del match con la Slovacchia e cambiò immediatamente ritmo e musica della squadra). Siamo messi così: i nostri giocatori più qualitativi sono anziani (Buffon e Pirlo) o a rischio (Cassano e Balotelli per imprevedibilità caratteriali, Insigne per leggerezza e inesperienza). Stando all'ultimo filotto di partite: si segna pochissimo, e normalmente si subisce. Il reparto difensivo preoccupa; è grosso modo quello della Juve, cioè esattamente quello che ha accusato ripetute distrazioni e incassato gol paradossali nelle partite più importanti di coppa e non certo contro grandissimi avversari. Siamo messi così: apparentemente male. Ma non c'è nulla di più rischioso che dare per spacciati in partenza gli italiani che giocano a pallone con addosso la maglia azzurra.

Che brutti i palloni degli inglesi!
In fondo, la Benny Hill's Club Band, nonostante la piccola scorpacciata di Wembley contro il Perù (scelto per il test-match in quanto controfigura dell'Uruguay, presumibilmente), ha esibito impacci non dissimili dai nostri. Rooney involve, poiché nessuno gli chiede più di fare ciò che gli riusciva benissimo da giovane e sino a poco tempo addietro: il numero nove. Sempre più lontano dall'area, in un modulo che si può sperare Hodgson confermi, rinunciando a Barkley e a Sterling; nella ricerca di soluzioni raffinate, nonostante l'assenza di pedatori sublimi. La Celeste, per conto suo, ha il problema Suarez: con il bellimbusto al cento per cento è uno spauracchio (e non solo per noi), senza lo è ugualmente, ma più per i riflessi della tradizione e i fantasmi dei brasiliani. Delle altri grande e medie selezioni, nessuna brilla, a giudicare da cronache e risultati. Germania e Spagna hanno il chiodo del centravanti o del falso tale. A falso tale si è candidato Klose, lui che è per antonomasia uomo d'area, e che è naturalmente più statico per ragioni anagrafiche (evidentemente, pur di marcare il record che insegue, sarebbe disposto a qualsiasi 'sacrificio'); la Spagna rinuncia a Llorente - dunque le due punte titolari del club campione d'Italia, Tevez e il basco, passeranno il mese tirando calci alla tv. Il Portogallo - come sempre - non segna, e se si esercita contro i greci la cosa appare naturale e scontata. L'Olanda imita se stessa e la sua grande tradizione: un gollettino nei primi minuti (al Ghana), e match narcotizzato. Colombia e Cile segnano molto e subiscono altrettanto. Lo stesso, contro i leoni del Camerun hanno fatto i teudisci; stenta la Francia, stenta la Russia, veleggia il Belgio, la Spagna (se non implode per noia) è ancora e sempre di un altro pianeta. Il Brasile si nasconde (si allenerà con Panama e con i serbi nei prossimi giorni), per eccesso di sicurezza o per inibire la critica. Anche l'Argentina è chiusa nel cantiere, e mostrerà l'avanzamento dei lavori in settimana contro un XI caraibico e quello sloveno. Come avrebbe detto Gianni Bugno: vedremo.

I nuovi acquisti del Flamengo? No: è la Nationalmannschaft
Mans