3 aprile 2014

I ronzini di Mou

Fettine di coppa: andata dei quarti di finale 2013-14

Il gallese del Real: discontinuo ma devastante
Alle calende di aprile finalmente si può festeggiare l'inizio della Coppa dei campioni. Partecipano otto squadre, si gioca a eliminazione diretta. Non c'è nemmeno un'italiana, nessuna ce l'ha fatta a uscire viva dalla perfida giungla di preliminari e gironcini, fatturati e tetto-ingaggi, nevi turche e declino tecnico. Sono rimaste in otto, anzi praticamente in sette poiché il Dortmund ha coraggiosamente offerto spazio alle scorribande madridiste ottenendone altrettanto in contropartita, ma i gol sono stati capaci di farli solo quelli in maglia bianca. Tre a zero e la scampagnata al Westfalen non fa più tremare le vene ai polsi degli spagnoli e Carletto può muovere il sopracciglione solo per accontentare i giornalisti.

Sono rimaste in sette, anzi in sei, perché l'invincibile armata bavarese ha - vero - solo pareggiato a Old Trafford, e pure risalendo la montagnetta di un gol subito, ma ha dato (come sempre) l'impressione che, se vuole vincere, vince. Se è necessario, asfalta. Se non lo è, vivacchia un po'. E' un XI potente cui Guardiola non ha tolto nulla di quel che aveva, limitandosi a personalissimi ritocchi. Per esempio, Ribery e Robben giostrano molto più vicini di quanto non facessero con Jupp, e cambiano spesso la loro posizione. Accelerazioni su tutto il fronte d'attacco o triangolazioni strette: vanno in porta come vogliono e in tanti modi diversi.

Dunque sono rimaste in sei, una spagnola non sarà invitata al gran ballo delle semifinali, ma non sappiamo ancora se toccherà all'intermittente Barça o al voracissimo Atletico. Mercoledì prossimo, al Calderon, l'aria sarà rovente e sui garretti di tutti i più preziosi pedatori il match depositerà non pochi segni. Prevediamo, insomma, una battaglia memorabile.

Due serate di buon calcio, non ancora ottimo. Pessimo quello visto al Parco dei Principi - dove l'illuminazione non sembra all'altezza degli standard attuali: sembrava un ottavo di Coppa Uefa degli anni '80; è difficile comprendere quale equilibrio e quali funzionalità possa inventare Blanc mettendo assieme Ibra Cavani e Lavezzi; finché sono rimasti in campo tutti e tre, il Matador sembrava l'ombra di se stesso, alla vana ricerca di posizioni (attive e passive), broccheggiante palla al piede, cattivo e fuori tempo nelle coperture. Poi, uscito Ibra, è tornato somigliante anche nelle giocate a quello che conoscevamo. Lì, a Parigi, il risultato è parso bugiardo, non corrispondente ai reali rapporti di forza tra le due squadre. Ma è, naturalmente, solo colpa del Chelsea, che ha letteralmente regalato tre gol. Non uno: tre.

Il disgusto dell'Allenatore
La cosa ha naturalmente mandato su tutte le furie Mourinho. Si sa, lui non ama perdere, ma ancora meno gli piace perdere così, di pura generosità. Pubblicamente, ha tirato su il morale ai suoi sostenendo che sono dei brocchi. Ha aggiunto che sarà dura, con questi ronzini, fare due gol e non prenderne alcuno nel ritorno a Stamford. E diamine! Lui, poveraccio, non ha Messi, non ha Ronaldo, non ha Ibra, non ha nemmeno Lewandowski (ieri sera non ce l'aveva nemmno Klopp, e infatti i tedeschi non hanno mai centrato le porte del Bernabéu). Lui, poveraccio, si deve accontentare di pedatori da serie B, anzi da Championship o da League One, gente di secondo o di terzo piano come Hazard, Eto'o (assente al Parco, è vero), Torres (un ex centravanti, forse), Oscar, Willian, e poi Lampard Terry Ramirez e così via. Lui fa miracoli, tutto ciò che ha prodotto il Chelsea quest'anno è miracoloso, ma arriva il momento in cui anche l'Allenatore degli Allenatori, il migliore di tutti e di sempre, deve arrendersi ai limiti pedatori di giovani uomini non toccati dalla grazia di Eupalla. Se Eupalla l'ha ascoltato, almeno una volta lo deve seriamente punire. E allora, forse, delle otto sorelle ne sono rimaste soltanto cinque e non sei, e una di loro ha dimora sotto la Torre Eiffel.

Mans